A partire dagli anni sessanta, cioè da quando ha rivendicato
una sua specifica autonomia disciplinare, la semiotica ha rintracciato
nel testo pubblicitario e nei fenomeni di consumo oggetti di studio di
particolare interesse. Ne sono acute testimonianze la celeberrima analisi
della pubblicità della Pasta Panzani di Roland Barthes così
come quella del Sapone Camay di Umberto Eco[1]. Da allora l’analisi
semiotica della pubblicità ha avuto alterne fortune e soprattutto
è stata finalizzata a scopi differenti e persino contrastanti tra
loro: dallo studio dei complessi meccanismi retorici e persuasivi che
stanno a monte del discorso pubblicitario, all’identificazione dell’apparato
ideologico-consumistico che ne è alla base, dal monitoraggio dello
scenario comunicazionale, all’ottimizzazione di un nuovo posizionamento,
al fine tuning di una specifica campagna con occhio all’efficacia
sul consumatore.
Il presente numero di Ocula focalizza il suo sguardo semiotico interamente
sulla pubblicità a partire da alcune importanti evidenze:
- una semiotica del fenomeno pubblicitario come campo disciplinare
e cassetta degli attrezzi per l’analisi di spot, annunci-stampa,
communication mix in genere, non ha esaurito ancora tutti i nodi teorici
emersi nel corso di anni di pratiche analitiche sui testi, discorsi e
generi pubblicitari;
- la semiotica della pubblicità costituisce un terreno di
confronto (cooperativo e polemico a un tempo) tra ricerca accademica,
da una parte, e consulenza professionale per il marketing e la creatività
pubblicitaria dall’altra;
- l’attuale sguardo semiotico (e sociosemiotico) sulla pubblicità
si è conquistato di diritto un posto legittimo tra le metodologie
di analisi qualitativa del consumo, del marketing e della corporate communication
accanto ai più tradizionali e consolidati approcci psicologici
e sociologici.
A tutto ciò deve essere aggiunto lo sviluppo di nuovi importanti
questioni teoriche e “branche”, come la semiotica delle passioni
e la sociosemiotica, che ci sembrano aver notevolmente arricchito il quadro
d’insieme.
I nostri attenti lettori avranno presente come i temi appena elencati
siano riconducibili a diversi contributi già comparsi su Ocula.
In modo del tutto orientativo e senza togliere niente ai vari articoli
o saggi, talvolta piuttosto corposi e articolati, possiamo individuare
in Ocula alcune analisi semiotiche puntuali di spot e annunci-stampa (cfr.
Confalonieri, Giliberti, Nicolotti,
Trabalza, Zannin); il discorso della marca viene comprensibilmente
affrontato nella sua generalità teorica (Ferraresi),
in riferimento ai punti vendita (Marchetti)
oppure nelle strategie di prodotto (Trabalza,
Zannin); vi è una discussione
particolarmente interessante sull’apporto della teoria semiotica
alla produzione dei testi (Galofaro,
Paolo) così come un compendio
del rapporto tra semiotica e pubblicità (Boero).
Tale varietà di argomenti e sguardi dipende, a nostro avviso, dal
fatto che non è immediato comprendere esattamente cosa costituisca
lo specifico pubblicitario e collateralmente lo spazio di una specifica
semiotica della pubblicità. Non è infatti immediato rendere
conto, per esempio, del rapporto tra enunciato (ciò che viene narrato
nella singola forma testuale, come spot e annunci-stampa), struttura dell’enunciazione
(che potrebbe essere riassunta nel rapporto Marca/Consumatore ancora inscritti
nel testo) e situazione di consumo. In questo ambito, può essere
sufficiente la categoria psicologica di “sutura” e “immedesimazione”
del destinatario della comunicazione all’interno del testo per spiegare
gli atteggiamenti e comportamenti d’acquisto? Abbiamo invece bisogno
di altri strumenti teorici per le analisi delle pratiche di consumo e
dell’efficacia della marca e del prodotto sul consumatore?
E’ all’interno di tale quadro teorico che è nata l’idea
di un numero monografico sulla pubblicità e, come ormai è
nostra prerogativa, il problema viene sondato ed esplorato mediante singoli
casi di studio. Ecco che dall’ampio problema “globale”
dello statuto di una semiotica della pubblicità, arriviamo a una
serie di risposte “locali” che passano inevitabilmente per
analisi di uno o più testi pubblicitari e ricercano un principio
di esaustività e pertinenza all’interno di essi, lasciando
al lettore la successiva generalizzazione. Nel suo procedere per singoli casi, il numero si articola seguendo tre
principali direttrici di ricerca.
Una prima sezione è composta da articoli che introducono i nuovi
paradigmi derivanti dalla semiotica delle passioni all’interno della
ricerca sulla pubblicità. Traini, Graziani, Boero in qualche modo
vedono nelle categorie del passionale e dell’estesia strumenti analitici
che avvicinano la semiotica alla sociologia del consumo: quando si parla
di “valore e valori della Marca” diventa importante capire
quali passioni sono messe in gioco per creare il valore dell’oggetto
e il volere del soggetto. Introdurre distinzioni tra discorso pubblicitario
“appassionato” e discorso pubblicitario “appassionante”
diventa un approccio fondamentale per passare dal testo alla posizione
soggettiva implicata da quel testo (il lettore come consumatore potenziale,
user o prospect). Attraverso casi specifici come pubblicità di
profumi o shop design, l’analisi si appunta poi più specificatamente
alle dinamiche legate all’estesia, alla polisensorialità,
alle figure del corpo (Fontanille) come strumenti semiotici che valorizzano
la marca e patemizzano il consumatore.
L’analisi di Fusaroli, invece, ci insegna quanto la semiotica possa
dire di sensato sul senso anche e soprattutto quando il senso è
ineffabile: il caso in esame riguarda un noto spot creato dal celebre
regista David Lynch caratterizzato da un bassissimo grado di narratività,
un alto valore estetico e una difficoltà di lettura piuttosto alta.
Un esempio pubblicitario di questo tipo – spazio testuale in cui
sembra non accadere alcunché – diventa preziosa occasione
di ricerca sulle dinamiche passionali ed enunciazionali in generale: la
costruzione di un osservatore, la sua patemizzazione.
La seconda sezione allarga lo sguardo dal testo al genere pubblicitario
e collateralmente assume una prospettiva analitica che deve molto agli
attuali sviluppi della sociosemiotica e della semiotica della cultura.
L’approfondito e originale lavoro di Perani prende in considerazione
il discorso “secondo” che Adbusters crea a partire dal discorso
“primo” costituito dalla pubblicità: un discorso secondo
volto a sovvertire il primo, svelandolo e ridicolizzandolo. La specificità
del discorso di Adbusters è quella di utilizzare il linguaggio
della pubblicità per attuare un ripensamento critico della pubblicità
stessa e della società consumistica che riproduce e mantiene in
vita. Il lavoro di Perani ha una duplice tensione: da una parte nel mostrare
i contenuti della società consumistica e della pubblicità
messi in scena da Adbusters; dall’altra parte, mostra molto bene
come lo stesso Adbusters sia un soggetto enunciante che costruisce il
proprio lettore e che quindi –inevitabilmente- adotta forme strategiche
di manipolazione finalizzate all’assunzione della comunicazione,
all’adesione dei valori proposti dall’Enunciatore Adbusters.
La ricerca di Tronconi parte dall’interessante segnalazione di una
tendenza: l’influenza dell’India e in particolare di configurazioni
discorsive legate al “matrimonio indiano” all’interno
della pubblicità italiana. Grazie all’intreccio tra apparati
teorici della semiotica della cultura (Lotman) e della semiotica interpretativa
(Eco) e un’attenzione analitica alla dimensione creativa tipica
della pubblicità, Tronconi individua i rapporti tra lettori modello
(con relative competenze presupposte) e target dei messaggi pubblicitari
analizzati.
Benoît Carbone propone infine un’analisi di due annunci stampa
di profumi in cui sono “messi in scena” a livello discorsivo
due modelli differenti di mascolinità e, attraverso il rapporto
complesso tra regole sociali e rottura individuale di tali regole, reintroduce
in nuce la possibilità di una semiotica che come la prima semiologia
barthesiana possa interrogare criticamente il sociale e le sue forme di
manifestazione.
La terza sezione si dedica alla pubblicità di quel prodotto culturale
particolare che è l’arte cinematografica. Ci si interroga
sulle nuove forme pubblicitarie costituite dal trailer cinematografico
(nei suoi vari formati e denominazioni), sul rapporto tra trailer e forme
testuali primarie e sul marketing cinematografico come fenomeno particolarmente
interessante dal punto di vista sociosemiotico.
Il lavoro di Trotti si focalizza sulla complessa gestione del mix di comunicazione
che ruota attorno alla promozione e commercializzazione del prodotto cinematografico.
Il topic di questo studio ruota attorno alla questione di come fare in
modo che sempre più testi –e testi tra loro sempre più
diversi– moltiplichino la “promessa” del film senza
bruciarla o depotenziarla. Il caso scelto, l’analisi di trailer,
backstage e videoclip de “La finestra di fronte” di Ferzan
Ozpetek si dimostra esemplare allo studio di traduzioni intersemiotiche
finalizzate a scopi promozionali.
Nel loro corposo e interessante articolo, Bigi e Codeluppi indagano il
rapporto tra pubblicità tradizionale –dotata di propri paradigmi
quasi canonizzati– e pubblicità cinematografica. La ricerca
assume una prospettiva diacronica volta a esplicare quanto sia ormai evidente
che l’industria cinematografica debba costruire paratesti (Genette)
per non far morire il testo-film. Nel marketing cinematografico, l’importanza
di questi paratesti è ormai tale da essere a buon diritto considerabili
testi a sé stanti e talvolta prevaricanti il testo di partenza.
Abbiamo infine voluto aggiungere una quarta sezione composta da due brevi
ma interessanti articoli che aprono la pubblicità a altrettanti
ambiti di analisi. Nel primo Schiavon ci propone un’analisi semio-antropologica
di alcuni spot del Parmigiano Reggiano che volutamente trascura l’aspetto
più propriamente narrativo per concentrarsi sul linguaggio del
mito pubblicitario; nel secondo Brunelli cerca di capire come funziona
dal punto di vista psicologico la marca –la marca funziona come
una droga?, si chiede provocatoriamente l’autore
Note
[1] Cfr. R. Barthes, “Retorica dell’immagine”
in L’ovvio e l’ottuso (Einaudi 1985) e U. Eco,
La struttura assente (Bompiani, 1968). Per una ricostruzione
storica del rapporto tra semiotica e pubblicità cfr. in particolare
G. Marrone, Corpi sociali. Processi comunicativi e semiotica del
testo (Einaudi, 2001) e C. Bianchi, Spot. Analisi semiotica
dell’audiovisivo pubblicitario (Carocci, 2005).
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