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Nella mente di Putin: Il dibattito televisivo attorno al caso Orsini


29 settembre, Interventi di apertura, 1:32:19

Antonio Santangelo, UNITO

Affinché, in tempi di guerra, si possa raggiungere la pace, è importante poter parlare di quest’ultima, ponendola al centro del dibattito pubblico. C’è stato un periodo, però, in cui in Italia questo era molto complicato e chi ci provava rischiava di andare incontro a esperienze spiacevoli. Per esempio, all’inizio del conflitto tra Russia e Ucraina, Alessandro Orsini ha tentato di portare all’attenzione dei telespettatori del nostro Paese le sue teorie circa le ragioni che avevano spinto Putin a entrare in guerra: la sua argomentazione era che solo accettando il dialogo con lo stesso Putin e comprendendo quali fossero il suo punto di vista e i suoi obiettivi, si sarebbe potuta intavolare con lui una trattativa. Il problema era che questo avrebbe imposto di tratteggiare l’Occidente e la Nato in termini negativi, dato che nella narrazione del presidente russo eravamo noi i “cattivi”. E, anche se Orsini proponeva un complesso impianto enunciazionale dei propri discorsi, nel quale sosteneva di non prendere le parti di Putin, ma mostrava anche il susseguirsi di una serie di fatti oggettivi che andavano contro gli interessi del popolo russo e che, secondo lui, avevano portato lo stesso Putin a decidere di attaccare l’Ucraina (Orsini, 2022), nei programmi tv in cui veniva invitato, il politologo italiano era contrapposto a una serie di persone che, in numero soverchiante, si coalizzavano contro le sue posizioni e le attaccavano con veemenza. In questo modo, la verità secondo cui andava difeso il diritto degli ucraini ad autodeterminarsi, nonché quello dell’Europa di difendere i propri confini, veniva ristabilita, pur avendo lasciato spazio a forme di pensiero alternative.
Questi meccanismi di comunicazione sono interessanti da studiare, perché partendo dall’assunto banale secondo cui i media mediano la nostra esperienza del mondo, consentendoci di formarci un’opinione circa la “verità” di ciò che accade attorno a noi, essi ci impongono di riflettere su come ci convinciamo che le cose stiano in un modo oppure in un altro. A questo proposito, può essere utile interrogarsi proprio su come la struttura enunciazionale dei discorsi che vengono portati avanti in televisione contribuisca a costruire una certa visione che si impone nel dibattito pubblico (Pezzini, 1999; Marrone, 1998; Demaria, Grosso, spaziante, 2002). Ma può essere altrettanto importante riprendere alcune categorie echiane (Eco, 1990), a proposito delle logiche di formazione della verosimiglianza nei testi che parlano della realtà, come fa Lorusso nei suoi studi sulla post-verità (Lorusso, 2018).
In generale, dato che il dibattito televisivo attorno al caso Orsini è stato anche quello tra chi cercava una via per immaginare una trattativa di pace e chi, invece, riteneva che nulla di tutto ciò fosse perseguibile, almeno fino a quando la Russia e Putin non avessero deciso di porre un freno alla loro sete di conquista, l’analisi che qui si propone verterà, appunto, sul tema del rapporto tra la guerra e la pace stessa, o meglio tra discorsi che tratteggiano queste ultime come qualcosa di tristemente inevitabile o di coraggiosamente perseguibile.

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ISSN 1724-7810   |   DOI: 10.12977/ocula

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